“Spesso diciamo che le mafie si combattono non con i mezzi straordinari delle manette e delle sentenze, ma con il contributo ordinario di tutti”.
Antonio Nicaso
È stato Antonio Nicaso, scrittore e storico, docente della Queen’s University e direttore scientifico di Noi Comuni e Cittadini Reggiani Contro le Mafie insieme a Rosa Frammartino, ad aprire l’edizione di quest’anno, la settima, lunedì mattina all’Aula Magna Manodori dell’Università di Reggio Emilia. Il titolo dell’incontro era “Pianeta Terra – Casa Comune”, con un approfondimento che sta tutto nel sottotitolo “Dal pensiero ecologico globale alle norme che aiutano la prevenzione”. Il festival vede la Provincia e la Regione come promotori ed è organizzato con il patrocinio dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, e dell’Ufficio Scolastico dell’Emilia Romagna, dell’Istituto Alcide Cervi, dell’ANPI, di Transparency International Italia e del Premio Giorgio Ambrosoli. La lista delle collaborazioni è lunga, ma merita di essere citata almeno il primo giorno: comuni di Albinea, Bagnolo, Bibbiano, Cadelbosco di Sopra, Campagnola Emilia, Casalgrande, Correggio, Guastalla, Poviglio, Quattro Castella, Reggio Emilia, Rubiera, Sant’Ilario d’Enza, San Martino in Rio e Scandiano. E, ancora, con l’Ordine dei commercialisti ed esperti contabili di Reggio, con Confcooperative e Cooperativa di Solidarietà Sociale L’Ovile.
Davanti a Nicaso, una platea ricca e interessata, formata da cittadini, istituzioni e studenti del liceo classico Ariosto, dell’artistico Chierici, del liceo delle scienze umane Canossa, dello scientifico Moro, del tecnico-grafico D’Arzo, del professionale economico Filippo Re e del tecnico per l’ambiente e l’agricoltura Zanelli.
“È la settima edizione di una manifestazione che da sempre tiene in considerazione il coinvolgimento dei giovani”, ha spiegato Nicaso. “Sono loro i protagonisti di questa sei giorni che vedrà tantissimi relatori con i quali affronteremo temi importanti come quello dell’ambiente e del radicamento mafioso sul territorio, ma punteremo l’attenzione soprattutto sull’importanza della cultura. Spesso diciamo che le mafie si combattono non tanto con i mezzi straordinari delle manette e delle sentenze, ma con il contributo ordinario di tutti. Parliamo di giovani e cittadini, di tutti quelli che hanno a cuore questo territorio e che vogliono difenderlo da eventuali radicamenti e infiltrazioni. Perché l’Emilia è una realtà appetibile, quindi è importante e opportuno tenere sempre alta la guardia”.
Dopo di lui, è iniziato il saluto delle istituzioni con il presidente della Provincia di Reggio Emilia. “La settima edizione di Noi contro le mafie” – ha detto Giammaria Manghi – è un impegno che continua, una testimonianza civile con le istituzioni in prima linea, dentro la convinzione che il pilastro della formazione, dell’investimento culturale, sia determinante per la prevenzione. E gli studenti sono i primi destinatari della nostra azione. Abbiamo la convinzione che, se si cresce con l’attenzione, si può crescere meglio e continuare a testimoniare ciò che è positivo a Reggio Emilia. La provincia ha sempre dimostrato che questa è la sua battaglia, ma gli studenti devono essere con noi per costruire la comunità di domani”.
“Il senso della mia partecipazione all’evento – ha detto invece il Prefetto Raffaele Ruberto – è teso a rafforzare quel senso di consapevolezza che vogliamo creare e incrementare sempre di più, non solo tra le istituzioni ma anche tra la gente. È molto importante che stamattina ci fossero i ragazzi delle scuole perché sono loro le persone a cui dobbiamo lasciare il testimone. Questa è una terra in cui si è registrata un’infiltrazione mafiosa di tipo abbastanza raffinato e in determinati settori dell’economia. Non è una mafia che si impone con atteggiamenti immediatamente e prioritariamente violenti o prevaricatori, ma si fonda sulla capacità di persuasione, a volte anche sottile, suadente, ma che diventa minaccia e prevaricazione nel momento in cui le cose non vanno come dovrebbero. Questa è una terra ricca, una delle aree più prospere dell’Europa, quindi è ovvio che le mafie si dirigano dove ci sono i soldi e cerchino di infiltrarsi, così come si è verificato in alcune aree della Germania. L’importante è che la gente comune inizi a creare gli anticorpi, che si opponga a questo tipo di infiltrazione, ed è altrettanto fondamentale che il lavoro non sia solo istituzionale, ma di base, culturale, che nelle scuole si può realizzare soprattutto con i buoni esempi”.
A ricordare l’importanza del rispetto delle regole è stato il sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi. “Il festival della legalità – ha commentato il primo cittadino – è ormai un appuntamento consolidato in questa città, un evento che considero importante per molte ragioni. Si tratta di una grande operazione culturale che coinvolge centinaia di ragazzi, studenti delle nostre scuole, ma abbraccia anche tantissimi attori della città, chiamandoli a discutere sul tema della legalità. Ed è un discorso solo apparentemente scontato. Il rispetto delle regole, il rispetto della legalità, sono condizioni fondamentali per la convivenza civile, per la grande comunità democratica. Le regole e le leggi non vanno vissute come norme da rispettare solo perché ci sono, ma innanzitutto come i presupposti fondamentali di una serie di principi intorno ai quali stiamo insieme e cresciamo insieme dentro una comunità. Che ogni anno la città si fermi a riflettere e a discutere su quali possano essere i modi, gli strumenti, i percorsi per la crescita delle giovani generazioni, credo sia una cifra molto importante del livello di civiltà della nostra città”.
Subito dopo è stata la volta di Stefano Amore, Magistrato assistente di studio presso la Corte Costituzionale e direttore della rivista Nova Itinera. “Conosciamo la criminalità organizzata per aver sfruttato molte risorse ambientali e per aver contribuito al degrado del nostro Paese. Come reagire? Non basta lo strumento giuridico. Non basta il diritto. È necessaria un’azione di comprensione più profonda. I giovani devono preoccuparsi di acquisire gli strumenti che consentano loro di comprendere quale valore ha l’ambiente per l’individuo e la comunità; di avere conoscenza di quali strumenti possono essere utilizzati per difendersi. Parliamo sicuramente del diritto nelle sue varie forme, ma soprattutto di una coscienza culturale della comunità”.
Molto felice per essere stata invitata alla settima edizione del festival è stata anche Isabella Maria Stoppani, vice presidente ANAI (Associazione Nazionale Avvocati Italiani) e Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Roma. “Amo i ragazzi, i giovani, i bambini, quindi ogni occasione per confrontarmi con loro e dare degli spunti di riflessione mi rende felice. Il problema non è solo quello delle mafie come del lato cattivo della società. Il problema è quello di suscitare nei giovani la curiosità per ciò che li circonda, la capacità di avere uno spirito critico, di farli rendere conto che viviamo in una società dove troppo spesso il profitto supera l’interesse per qualunque tipo di aggregazione sociale. I giovani hanno un futuro e l’ambiente è fondamentale, quindi l’argomento di questa giornata inaugurale coincide soprattutto con la necessità di capire che la terra è una casa comune, che rappresenta il mondo in cui i giovani stessi vivono e dovranno vivere. E così come noi adulti dobbiamo fare il possibile per lasciare loro qualcosa che non sia del tutto rovinato, è giusto che loro stessi si facciano parte attiva e diligente per combattere i fenomeni come le ecomafie; che si rendano conto che la natura che ci circonda è un dono ricevuto, nel quale bisogna cercare di vivere senza distruggerlo proprio per lasciarlo a chi verrà dopo”.
Della necessità di collaborare, del bisogno di costruire una comunità unita e orientata nella lotta alle mafie ha parlato anche il Comandante Regionale dei Carabinieri, il Generale Giuseppe Giove. “Parlare di ecomafie oggi significa parlare di qualcosa di molto reale. Di sicuro le ecomafie non possono essere gestite esclusivamente con la repressione. La società civile deve metterci lo stomaco, nel senso che la lotta può avere un senso se tutti quanti insieme operiamo in difesa dei valori. I valori ambientale e agroalimentare stanno attirando capitali sporchi e, insieme, soggetti che fino a poco fa si occupavano di altre fattispecie di reati. Quindi ci chiediamo: l’ambiente di oggi riuscirà a preservare quello che sarà il futuro dei nostri discendenti? È un grosso dilemma. La lotta al crimine ecomafioso deve avvenire senza esclusione di colpi perché abbiamo bisogno di tutelare il presente e il futuro. E sotto questo punto di vista assume un ruolo importante l’educazione alla legalità. Ma tutto ciò avrà un senso se i ragazzi acquisteranno quella coscienza, quella volontà che faceva dire a Socrate che un uomo è tale solo se sa percepire il linguaggio di una roccia, il linguaggio di un albero.
Nulla può giustificare un profitto ottenuto con crimini mafiosi, a fronte del pericolo che non si abbia un futuro degno di tale nome”.
La presenza di Legambiente era naturalmente scontata per l’argomento. A parlare è stato il presidente regionale Lorenzo Frattini. “L’importante di essere qui come Legambiente riguarda innanzitutto il titolo di questo ciclo sulle illegalità che richiama la casa comune e fa riferimento all’ultima Enciclica del Papa. Un riferimento notevole, perché è molto chiaro che non può esistere la tutela dell’ambiente senza una società equa e senza il rispetto delle leggi. E, d’altra parte, non ci può essere dignità per l’uomo senza la cura della propria casa comune: l’ambiente. In tutto questo, all’interno della più grande famiglia di illegalità delle mafie, il tema dei reati ambientali è molto consistente perché l’insieme dei reati ambientali è pari a 19 miliardi di euro solo nell’ultimo anno, vale a dire più di un bilancio della Regione Emilia Romagna. Questa illegalità riguarda ogni settore, dalla fauna agli incendi, fino al ciclo del cemento, ma ha il massimo della sua redditività e della sua pericolosità nello smaltimento illecito dei rifiuti. Non si tratta di una vicenda che riguarda solo la Terra dei Fuochi, la zona tra Napoli e Caserta, ma che, l’abbiamo visto anche nell’inchiesta Aemilia, ha colpito pure in questa regione. Non a caso, in alcune intercettazioni, abbiamo ascoltato imprenditori collegati ai clan mafiosi smaltire rifiuti contenenti amianto addirittura sotto i parcheggi destinati alle scuole”.
Sempre nella mattinata di lunedì, nell’aula magna dell’Istituto Zanelli di Reggio Emilia, c’è stato l’incontro “Storie di mafia & antimafia dal Nord al Sud” con il giornalista Sandro De Riccardis.
Il pomeriggio, invece, si è aperto con “Mafie & Mafiosi in scena” (Sala delle Colonne del Chierici di Reggio Emilia) a cura di Antonio Nicaso: un seminario destinato a dirigenti e docenti dei tre ordini scolastici della Provincia.
Sono stati due gli eventi di chiusura della prima giornata, entrambi alle 21.
A Campagnola Emilia, nella Sala Incontri della Biblioteca Comunale, era in programma “A come Azzardo. M come Mafia”.
“Si apre oggi il festival della legalità”, ha detto il sindaco Alessandro Santachiara. “Per il secondo anno, il nostro Comune aderisce a questa rassegna che ha un valore molto importante all’interno della provincia. La nostra intenzione è quella di portare all’attenzione della comunità quelli che sono alcuni temi, senza sottacere e nascondere nulla. Un’impostazione molto libera che tende a spiegare quelli che possono essere i problemi. Nel nostro comune si parla di azzardo e mafie. Ne sono contento soprattutto per l’azzardo, perché da qualche anno stiamo impostando il lavoro sulla ludopatia e vorremmo che proseguisse in questo percorso”.
Ospite della serata è stato il giornalista Daniele Poto, autore del libro “Penultima spiaggia” (L’Erudita Editore). “Presento un libro che vorrebbe essere un’educazione civile contemporanea in centoventuno voci, alternando e miscelando voci “pesanti” come Mafia, Corruzione, Evasione Fiscale, un fardello da 550 miliardi in Italia, con voci molto più leggere del vivere quotidiano in un Paese chiamato Italia, in una capitale chiamata Roma. E quindi, per fare un esempio, la voce Parcheggiatore Abusivo. Provo a insegnare, in un manuale di perfetta legalità, come scavalcarle ed evitarle nei limiti della legge ma con un’intelligenza sempre viva e borderline, attenta a cogliere i segni della contemporaneità”.
A Bibbiano, nella Sala Corradini del Centro Polifunzionale Del Rio, Alessandro Gallo ha diretto l’incontro “Mafie al Nord. Si potevano riconoscere prima?” con il sindaco Andrea Carletti e i giornalisti Sabrina Pignedoli (autrice del libro “Operazione Aemilia”, Ed. Imprimatur) e Sandro De Riccardis (autore del libro “La mafia siamo noi”, Add Editore). I temi affrontati sono stati tanti in particolare si è discusso di quanto la nostra società civile e in particolare il tessuto economico del centro nord siano sotto attacco delle mafie che hanno trovato terreno fertile grazie a una fitta e grigia rete di persone insospettabili (amministratori pubblici e liberi professionisti) con i quali hanno costruito un impero criminale che, così come recitano le sentenze del processo Aemilia – ha spiegato Sabrina Pignedoli – “è solo la punta di un iceberg” che emergerà nel tempo, lasciando ferite importanti nella società civile. Una società civile, ha voluto sottolineare De Riccardis partendo dall’esperienza del suo libro, che se ha mezzi a disposizione riesce a difendersi da ogni attacco costruendo così importanti reti associative dal forte impatto culturale e sociale. Il sindaco Carletti ha sottolineato la solitudine che spesso gli amministratori con la schiena dritta sono costretti a vivere una volta che mettono alla luce quel grigiore che oramai, da troppi anni, ha invaso il territorio emiliano-romagnolo e gran parte del nord. Un territorio che può uscire da ogni dubbio solo se riesce a tenere in vita il dialogo continuo tra realtà associative e amministrazioni comunali.